L’inverno, si sa, rende malinconici. Le vacanze sono un ricordo lontano, e ancor più lontano sembra il volo per raggiungere qualche lido dove si possa dimenticare il freddo. Tra i molti che fremono, esiste un soggetto che definiremo La Tipa: donna, sui 45 anni, vive in continente, in una città industrializzata. E’ sposata o separata, ha due figli o nessuno, lavora in un’agenzia di comunicazione oppure fa volontariato. In questo preciso momento vorrebbe tanto essere in barca, ma l’unica traversata abbordabile in queste ore cupe è quella navigabile sui motori di ricerca. Lo smartphone aspetta un semplice gesto delle sue dita per salpare ovunque, però oggi non le va nemmeno di tirar su l’ancora del suo mare virtuale. Sarà questa pioggia fitta e sottile fuori dalla finestra, o la notte già calata anche se sono appena le 5. Le sembra di avere cent’anni. Digita la parola “vecchiaia” soprappensiero, non perché le interessi, é la curiosità ambigua che si può avere per un film horror.
Apre distrattamente il link che appare per primo in elenco, e subito compare sullo schermo la pubblicità di un montascale su cui una signora, di ottimo umore, si autotrasporta dal pianterreno al piano di sopra. La Tipa chiude la finestra promozionale, tanto la sua casa di città si sviluppa in orizzontale per 340 metri quadri, e poi cosa saranno mai una manciata di gradini? E’ solo una giornata che non decolla. Legge a caso tra le parole che la fissano dallo schermo, e coglie queste poche righe: … “i 65 anni sono considerati l’età di passaggio alla condizione di anziano, benchè la soglia di ingresso nella cosiddetta terza età tenda progressivamente a spostarsi in avanti…”. La Tipa tira un bel respiro di sollievo: non è di primo pelo, ma 65 anni sono infinitamente lontani! Prima di diventare vecchia avrà vissuto a sufficienza per dirsi soddisfatta, e forse da qui ad allora la gioventù le sarà venuta a noia. Si sente saggia, la sta prendendo con filosofia. Abbozza un piccolo sorriso, ma si pente subito. Il chirurgo l’aveva messa in guardia, per i primi giorni meglio restare con le labbra immobili. L’intervento di labioplastica è riuscito perfettamente, ma i punti sono ancora vivi, se distende la bocca vede le stelle. La Tipa deve ancora abituarsi alle protesi, due corpi estranei sporgenti e bluastri. Più che ad Angelina Jolie, a cui si è ispirata per l’operazione, le sembra di somigliare a Braccio di Ferro, per via della cannuccia infilata di traverso con cui sorseggia il passato di verdure e la mandibola gonfia post anestesia.
Avrebbe voglia di qualche rapanello, ma chi riesce a masticare in queste condizioni? In confronto la mastoplastica additiva è stata un gioco da ragazzi, sommata alla lipoaspirazione dei fianchi che ha ridotto di tre taglie il suo guardaroba. L’unico inconveniente è che adesso per vestirsi dalla vita in giù deve cercare le taglie nei negozi per l'infanzia, mentre per contenere il petto si rifornisce presso una nota ditta di tiranti ad ancoraggio, con risultati estetici non sempre armoniosi. Comunque la bella stagione non la coglierà impreparata! La blefaroplastica dell'anno precedente per fortuna ha eliminato gli inestetismi delle palpebre appesantite, e anche se adesso non riesce più sbattere gli occhi perché si sono trasformati in due finestre spalancate e fisse, può prevenire ogni cedimento strutturale e intervenire in tempo prima della fatidica prova costume. Infatti non le sfugge quella ruga infinitesimale che le si è insinuata lungo la fronte, e dire che ha rifatto il lifting solo pochi mesi fa. Chiederà alla domestica di darle un colpo di ferro da stiro, tanto in quel punto la piastra scivola che è una meraviglia.
L’unico dubbio che la tormenta pensando alla prossima estate è di essere trattenuta a terra quando sarà ora di imbarcarsi, la fotografia sulla carta di identità non corrisponde più al suo vero aspetto. Un giorno, in una boutique del centro, una commessa le si è addirittura avvicinata chiedendole come mai fosse tutta sola e dove si trovassero i genitori.
La Tipa non si trova bene a Porto Rafael. Le villeggianti abituali , specialmente, le sembrano fuori di testa: per prima cosa non nascondono la loro vera età, indossano ampi scamiciati che in alcuni casi possono raggiungere anche la taglia 50 (la tipa credeva che fosse stata messa fuori legge); in spiaggia le incontra mentre ridono incuranti degli inevitabili solchi d’espressione che il sole marchierà sui loro volti; si scambiano frutta, focaccia, creme solari e aneddoti sui loro amori pieni di cicatrici; al tramonto le si incontra bordo strada, coi lunghi parei arrotolati sotto braccio, le borse di paglia morbida. Rientrano a casa, e se per caso passa l’auto di uno dei loro mariti o amici, accettano un passaggio come se salissero in carrozza: giocano a essere regine senza trasformarsi in bambole. Il gruppo si da appuntamento per cena a Villa Aidan, stasera cucina lo chef, tutto a base di pesce, e le più ardite tra loro si servono due volte di spaghetti alle vongole. La Tipa è letteralmente sconvolta da questa audace naturalezza, da questa semplicità sfrontata: queste pericolose dissidenti sembrano a loro agio anche coi capelli arruffati dal vento. Il loro specchio preferito è l’acqua del mare, che mandano in frantumi di continuo con tuffi improvvisati e esclamazioni liberatorie.
La tipa si ferma poche ore a Porto Rafael.
Al ritorno in città ne parlerà come di un luogo malfamato, sconsiglierà gli amici di andarci, descrivendo il clima rivoluzionario che si respira. Per l’anno prossimo ha trovato un simpatico resort dove si effettuano brevi ibernazioni, basta coi colpi di testa.
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